BELLE ANIME PORCHE: CAPITOLO 1°

Nectaren, brodomil, stactiren, vadactil, lobaran. Tutte insieme. Medicine, sigarette, un bicchiere di rum e due di vodka. Sporca, gonfia. Cesso di ragazza. Sto in casa da sei giorni. Non uscirei più. Ma domani dovrò almeno accompagnare la ciccio-bomba a fare la spesa.

Forse non devo lamentarmi e pisciarmi addosso. Non devo passare tutto il giorno a masturbarmi con la carotona di gomma. Devo dare un senso alla mia vita. Non deludere mia madre, non farla piangere.

La verità è che non me ne frega un cazzo. Mi chiudo in stanza tutto il giorno. Ma quella entra. Con la scusa di cercare i bigodini, fruga dappertutto. Si fotte qualche bottiglia di alcool e un po’ di sigarette. Se non ne trova abbastanza, sfocia in strilli. Dice che faccio schifo. Sono una drogata. La mia camera è un cesso. Navigo fra i topi. Fanculo, fanculo, fanculo! Finalmente ciabatta via isterica. Ripete che se continuo così, finisco male. Molto male. Ma lei non ce la fa più, e troverà il modo di sbattermi fuori.

Per adesso l’unico che si sbatte è quella scimmia di franco, suo amante. La mia stanza è attaccata alla loro. Appena iniziano gli “ahh ahh”, mi metto a spiare dal buco che ho fatto nella parete, ben nascosto sotto un crocifisso di plastica. Peccato che i due a scopare sono una frana. Non riesco neppure a venire, guardando le chiappe sudate di capra-crapa saltellare sul corpo di scimmia. Se lo tromba come una cagna. Urla. Vorrei nascondermi sotto il loro letto e ficcare spilli nel culo a franco. Il materasso è tutto sfondato: spazio per fare nascondino non ce n’è.

La sorella anoressica zampetta giorno e notte. Si chiama topa perché è una ratta di merda. Divora tutto. Ma dato che il frigo è sempre vuoto, ha scelto di ammalarsi proprio della malattia sbagliata.

Ah, io. Sono la cazzo di terry grisedu, prima ragioneria per la terza volta. Scrivo perché non ho un cazzo da fare. Leggere mi fa schifo. Poi crapa, che si sente anche la gran capa, dice che i libri mettono strane storie in testa. Tiro fuori una delle sue rivistine porno: “Ah sì? E queste?” Fa finta di niente. Aggiunge che devo fare la ra-gio-nìera (punta sempre l’accento sulla i) e sfornarle bimbi. Vuol diventare nonna, perché non ha niente da fare manco lei. Lavare è inutile: “Si sa, lo sporco vaccina” (dice proprio così). Stirare anche: “Le cose si stropicciano subito”. Cucinare senza cibo non si può. Non le rimane che lamentarsi, scopare con scimmia e menare me e la topa anoressica. Ma il figlio di quello stronzo di frrranco non lo tocca neppure. Anzi, quasi gli pulisce il pisello. E quello, che ha dodici anni, finisce che si fa le seghe pensando a lei. Al fratellino, di nome caccola, ci penso io. Quando scimmia e crapa escono, lo massacro di botte. Strilla, il cicciobbello. Non dice niente ai papponi, perché se no spiffero i mille cannoni che si fa in cortiletto. E allora, sono cazzi amari.

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Voglia di andare avanti?